Per il COWT12 un ulteriore fanfic di Saint Seiya (awh the brainrot) Hyoga/Shun.
Praticamente l’arrivo a sorpresa di Hyoga alla Guerra Galattica, visto con gli occhi di Shun che è molto meno innocente di quanto vorrebbe far credere lmao
Bello come il ghiaccio
La schiera fitta di edifici si apre, ora l’arena campeggia alla loro destra in tutta la sua imponenza, il perimetro circolare delimitato da archi massicci di pietra bianca. La cupola già chiusa sulla sommità splende di riflessi come un miraggio da favola.
Favole di sangue, sotto quel cielo artificiale. Sospira e si frega gli occhi. Vorrebbe essere lontanissimo da lì, ma ha una missione da portare a termine.
Niente può fermarlo.
L’autista si ferma davanti alla stradina corta che conduce alla doppia porta d’entrata; Ichi esce per primo, seguito da Jabu. Infine lui. Si prende il suo tempo, non ha fretta di trovarsi chiuso là dentro
La luce del sole gli ferisce gli occhi, dopo la penombra morbida della lunga macchina coi vetri oscurati; si fa ombra con un braccio, guarda su, il cielo azzurro e vasto, striato da sfilacci di nuvole bianche.
Non credeva che ce l’avrebbe fatta a ritornare a casa vivo.
Invece eccolo lì, a camminare tra due ali di folla urlante con il Cloth di Andromeda addosso. Chiamano il suo nome, alzano le macchine fotografiche al suo passaggio. Gli fa sempre strano, non è il più prestante dei Santi per corporatura, e la Guerra Galattica è appena iniziata, non ha ancora partecipato a nessun incontro.
Eppure fa impazzire la gente. Vorrebbe sprofondare nel suo angolo quieto, lontano da quegli occhi e quel fracasso, lontano dal sangue che dovrà spillare agli avversari per vincere.
Sono stati i suoi compagni d’infanzia.
Eppure non può tirarsi indietro, non stavolta.
La vittoria è più importante, più di qualsiasi incertezza possa tenerlo lontano da questa stupida guerra, il cui scopo apparente è danneggiarsi a vicenda per stabilire chi sia il più forte.
Ma la vera forza non sta nell’infliggere il maggior danno possibile ai propri avversari. Non può essere tutto lì.
E il suo vero scopo non è indossare un Cloth d’oro.
Jabu gli punta il gomito nel fianco. “Tutti ti amano, bellino.”
Shun sospira, si scosta di un passo e continua a camminare guardando avanti. Jabu si avvicina di nuovo, un’altra gomitata, un sorrisetto velenoso. “Forse credono che sei una ragazzina, con quel Cloth rosa. Frigni ancora come quando eri piccolo? Peccato non c’è qui tuo fratello a difenderti come al solito.”
Si ferma di scatto, le mani strette in pugni. Jabu quasi gli sbatte addosso.
“Piantala, Jabu.”
La mano di Jabu sulla spalla lo fa sussultare. “Forse tuo fratello non è venuto perchè non vuole una palla al piede come te a traino.” Gli sussurra nell’orecchio. I peli gli si rizzano sul collo. “O forse è morto.”
La sua paura peggiore. Shun china la testa, percorso da ondate di caldo e freddo.
Ikki.
É stato lui a condannare suo fratello all’inferno di Death Queen Island. Se Ikki ha perso la vita fra quelle rocce infuocate non potrà perdonarselo mai.
“Ci vediamo dentro, perdente.” Jabu gli dà una manata sulla spalla e si dirige verso l’entrata a passo veloce.
Shun resta lì, incapace di muoversi, fissandosi i piedi racchiusi nel metallo rosa, la linea irregolare che separa il lastricato dalla striscia di terra costellata di piantine in fiore.
Viola, giallo, rosso, rosa, bianco, i colori si sfocano sotto il velo delle lacrime che gli riempiono gli occhi.
Frignone.
Stringe ostinatamente le labbra, si pianta le unghie nei palmi delle mani cercando dolore fisico per scacciare l’angoscia che gli impedisce di respirare. Non può cedere, non ora.
Non è più quel bambino. E Ikki lo vedrà. Vedrà la sua forza se vince il torneo. Lo vedrà e tornerà da lui.
Sbatte le palpebre; qualcosa luccica mezzo affondato nella terra. Si accovaccia, fruga con la punta dell’indice fra la polvere, pesca un braccialettino composto da una fila di minuscoli cristalli trasparenti. Un’ombra lo copre, alza la testa di scatto.
La guardia in piedi di fronte a lui lo guarda con aria dubbiosa. “Tutto bene?”
Shun si rialza in piedi, tende la mano per mostrargli il gioiello. “L’ho trovato a terra. Sembra prezioso, magari qualcuno l’ha perso–”
La guardia ride, si vede poco della sua faccia sotto l’elmo nero che porta calato sugli occhi. “Quello? È paccottiglia. Puoi tenerlo.”
“Eh? Sei sicuro?”
“Fidati. Mia madre ha un negozio che vende tutta quella roba esoterica. È cristallo di rocca, mi è sempre piaciuto tanto. Sembra ghiaccio ma non si scioglie mai.” Gli sorride controluce. “Mettitelo, ti porterà fortuna in combattimento ragazzina.”
Eccoci.
“Vieni che ti aiuto.” La guardia prende il braccialetto dal suo palmo e glielo aggancia al polso. “Ora corri dentro, starà già iniziando.”
“Grazie.” Shun sorride alla guardia e schizza via. Va bene anche ragazzina, per lui. Non ha voglia di discutere.
Nell’arena è già calato il buio; sulla cupola del cielo le stelle sono accese. Gli altri santi presenti sono già radunati sul ring, Tatsumi lo spedisce di corsa a raggiungerli.
Sospesa in aria come una dea, Saori parla di dedizione e onore e tradizione. Shun stringe i denti, nessun accenno all’infanzia spezzata di questi ragazzi raggruppati al centro delle corde, questi ragazzi che erano i suoi compagni di allenamento da bambini ed ora è costretto a ferire sul serio. Ad uccidere.
E suo fratello ancora non si è fatto vedere.
Si concentra per escludere il discorsetto motivazionale di Saori, non gli serve davvero. Di motivazioni ne ha troppe, nessuna delle quali piacerebbe alla giovane lady Kido. Ma lui non è qui per piacere a lei. O a chiunque altro, per quello. Anche se sembrano tutti pazzi di lui. Guarda gli spalti bui, sorride senza sapere a chi. Aspetta che finisca cercando di non pensare troppo a suo fratello.
“Il terzo combattimento in programma per oggi, Idra contro Cigno, è stato ritardato poichè Cigno non è arrivato ancora.” La voce dello speaker rimbomba per tutta l’ arena, mentre defluiscono giù per la scaletta. “Per favore siate pazienti.”
Gli spettatori si agitano, Jabu e Seiya si fermano a parlottare fra di loro.
“Forse ha paura. Del resto non è nemmeno giapponese.” Jabu, sprezzante come al solito. Se non è giapponese, anzi “Mezzo russo,”come puntualizza Jabu, dev’essere.
Hyoga.
Abbronzato, biondo, avviluppato in aura di malinconia impossibile da penetrare. Un solitario che parlava troppo poco, e sempre di sua madre. Gli faceva venire voglia di abbracciarlo, anche se non ne ha mai avuto il coraggio. Chissà se è riuscito davvero a vincere il Cloth del Cigno e qualcosa lo sta ritardando, o se ha lasciato la vita fra i ghiacci eterni della Siberia, sotto il mare impietoso del Nord.
“Hyoga!” La voce di Seiya si alza, sorpresa, come dando voce al suo pensiero.
Passi veloci rimbombano lungo i gradini che portano al centro dell’arena. Il fascio luminoso di un proiettore cattura la figura che li scende di corsa.
“Oh sì. Non ci si vede da un po’, Seiya.” Alto e muscoloso, il ragazzo che si staglia nella luce non ha più niente del bambino con cui si allenava troppo tempo fa; solo i capelli biondi scompigliati sono gli stessi che si ricorda dall’orfanotrofio. Il Cloth argentato splende sulle sue spalle larghe, ha ali ai piedi e alle tempie. Il cerchietto, adornato da un cigno sinuoso con gli occhi di fuoco, fatica a tenere a bada le ciocche dense della frangia che gli spiovono sulla faccia.
Hyoga copre gli ultimi metri con un salto mortale e atterra leggero al centro del ring dove Ichi lo sta già aspettando. La folla esplode in un boato.
Il cuore gli fa un saltello in petto. Hyoga è diventato.
Bellissimo.
Hyoga si china verso Seiya ancora fermo a lato del ring. “Sono venuto dalle lande gelate del Nord per rivendicare il mio Cloth d’oro.”
Jabu torna indietro. “Stai zitto codardo, sei in ritardo.” Lo schiavetto di Saori, chissà cosa spera di ottenere. Malgrado l’aspetto delicato, così diversa da suo nonno, la signorina è l’ultima esponente della famiglia Kido. Quella che ha interrotto la loro infanzia per sempre, anche quella di Jabu.
La bocca di Hyoga si curva in un sorrisetto sprezzante, che gli snuda i denti. “Jabu, giusto? Non mi dispiacerebbe affrontarti ora.”
“Cosa?” Jabu alza i pugni, ma la voce dello speaker lo interrompe.
“Il match fra Cigno e Idra sta per cominciare.”
I riflettori si accendono, puntati sul ring, la folla esulta, si comincia.
Ichi gira intorno a Hyoga, la sua risatina inquietante si alza nel silenzio. “Dici che sei qui per rivendicare il Cloth d’oro? Odio le persone che non sanno stare al loro posto.”
“E allora?” Hyoga socchiude gli occhi, quel sorrisetto diventa un ghigno compiaciuto; c’è tutto nella curva delle sue labbra, il paradiso e l’inferno e qualsiasi cosa stia nel mezzo. A Shun tremano le gambe, deve fare un passo indietro, un altro, cerca l’appoggio della balaustra contro la schiena.
“Fatti mandare all’inferno!” Ichi attacca, Hyoga indietreggia, schivando colpo dopo coplo finchè non si ritrova con le spalle contro le catene che delimitano il ring.
“Non puoi scappare da nessuna parte, adesso.”
“E allora?”
Una finta, una ginocchiata allo stomaco, Hyoga si piega premendosi le braccia sul punto d’impatto. Un calcio alla testa che lo spedisce all’indietro, di nuovo contro le catene; Ichi lo intrappola fra il metallo e il suo pugno, diretto ancora allo stomaco.
Hyoga stringe i denti, addossato alla recinzione. Possibile che sia tutto qui il potere del Santo del Cigno? Tanto bello quanto inutile? Gli sembra impossibile, ricorda ancora il suo talento quando erano bambini. Tutte le volte che si sono scontrati su quei ring a misura di nano, ne è uscito malconcio. L’ultima volta pochi giorni prima di essere spediti ognuno nei loro luoghi d’addestramento; si ricorda ancora Hyoga che gli porgeva una bottiglia d’acqua e un asciugamano con un “mi dispiace” borbottato a testa bassa. Quella volta non ha pianto, anche se le ossa gli dolevano come se una schiacciasassi gli fosse passata sopra.
Ichi fa bruciare il suo Cosmo, si inizia a fare sul serio. Idra mostra i canini affilati e distende le sue spire, tingendo l’aria di rosso. “Stavolta morirai di certo.” Urla mentre attacca.
“Credi davvero di potermi battere con quella velocità?” Hyoga sorride il suo sorriso irresistibile, chiude gli occhi e para senza sforzo con il braccio sinistro.
“Sei caduto nel mio tranello, Hyoga.” Ichi lancia una risata stridula, tre artigli d’acciaio saettano fuori dai suoi pugni, conficcandosi nel braccio di Hyoga. “Le zanne di Idra sono in grado di trapassare il tuo Cloth e ferirti. A proposito, sono anche velenose.”
Stringe più forte le dita attorno alla balaustra dietro di lui, le sue nocche sbiancano, si fissa su quelle, non può vedere Hyoga che cade a terra, sconfitto dal veleno di Hydra. Ma un altro boato percorre la folla e quando alza la testa, Hyoga sta sbriciolando gli artigli nella mano chiusa a pugno, come se non avesse appena ricevuto una dose di veleno mortale. Come se tutto fosse perfettamente a posto e nemmeno l’intervento di un dio riuscisse a cancellare dal suo viso quell’espressione soddisfatta.
“E allora?”
“Non cercare di resistermi.” Ichi è patetico, nei suoi tentativi di disturbare il suo avversario. “Stai per morire. Il veleno di queste zanne si diffonderà velocemente attraverso il tuo corpo.”
“Quindi prima che il veleno mi uccida starai fermo a guardarmi?”
Ichi sogghigna ancora. “Certo che no.” Alza le mani in posizione d’attacco. “Ti infliggerò una ferita mortale per porre fine alle tue sofferenze. Questa è tutta la pietà che avrai da me. Guarda qui, assaggerai tutti i miei pugni.” Ichi si fa sotto di nuovo, Hyoga barcolla sotto una pioggia di colpi, incapace di schivarli. Volano i primi schizzi di sangue, ed è il suo, colpiscono in faccia Seiya che si volta con una smorfia.
Di fianco a lui Jabu scuote la testa. “Quello Hyoga che impostore. Battuto da Hydra.”
Eppure a lui sembra impossibile che Hyoga non ci provi nemmeno. Che il veleno sia già entrato in circolo e gli rallenti i movimenti? Ma quel sorrisetto insolente continua ad aleggiare sulle sue labbra, come se si prendesse gioco di Ichi mentre continua ad incassare i suoi pugni. Come se non si prendesse nemmeno il disturbo di schivarli.
Hyoga lascia che Ichi gli arrivi troppo vicino, l’ultimo colpo è al torace. “Anche se mi hai detto che mi avresti colpito mortalmente, i tuoi pugni sono deboli come quelli di un bambino. Non ho nemmeno bisogno di evitarli.”
Allora è così davvero. I suoi occhi azzurri si fissano su Ichi, una smorfia ostinata incurva le sue labbra perfette.
“Questo è quello che credi.” Nuovi artigli emergono dai pugni del Cloth di Hydra e si conficcano nel petto del Santo del Cigno. Hyoga snuda i denti, lui serra gli occhi per non vedere.
La sua stessa arroganza ha punito Hyoga, e ora cadrà. Non può resistere. Li riapre quando la voce di Hyoga si alza nuovamente nel silenzio. “Questo sarebbe?
“Ho dimenticato di dirti che le mie zanne si rigenerano. A questo punto hai altre tre ferite avvelenate. Te lo sei voluto tu, Hyoga.”
Le zanne tintinnano a terra e Hyoga inizia a ridere. Non c’è niente di divertito in quel suono, Ichi sorride storto di risposta. “Cosa c’è di tanto divertente? Il veleno ti ha già danneggiato il cervello?”
“Come l’Idra che vive nel fiume Lerna, in Grecia. Anche se schiacci una delle sue nove teste quella si rigenera subito, già pronta per mordere ed avvelenare ancora.” Hyoga aggrotta le sopracciglia, stringe le dita attorno al polso di Ichi. “Allora tutto quel che devo fare è impedire alle tue zanne di rigenerarsi.”
“Ancora la tua boccaccia.” Ichi si divincola ma non riesce a evadere dalla stretta, il Cosmo di Hyoga inizia ad espandersi; candido come la neve, lo circonda in un alone di fuoco gelido. “Cos– cos’è quest’aria fredda?”
La temperatura dell’Arena sembra calare, spifferi ghiacci tagliano l’aria. Lui rabbrividisce, anche il Cloth di Andromeda si sta raffreddando sul suo corpo. Un display prende vita di fianco al tabellone delle sfide e lui si chiede se quella possa davvero essere la temperatura della mano di Hyoga. Perchè sta scendendo vertiginosamente sotto lo zero ad ogni istante che passa. -20, -40, il Cosmo di Hyoga divampa in lingue di luce, il valore luminoso si ferma a -100.
Hyoga molla la presa solo quando il braccio di Ichi è ricoperto da una patina di ghiaccio opaco; lui barcolla all’indietro, gesticola cercando di muovere l’arto ma senza risultati. “La mia mano–è congelata. Non mi sento più il braccio destro.” Ichi lo scuote ma senza risultato. Il ghiaccio balugina nella luce dei riflettori.
“La tua mano è congelata dall’interno. Non la potrai usare mai più.” Torna il sorrisetto.
Shun sta investendo troppa emozione in questo combattimento che non lo riguarda. Impossibile evitarlo, quando ogni occhiata a Hyoga gli fa tremare le ginocchia. Inerme davanti al potere del Santo del Cigno, per il quale morirebbe mille volte. Il freddo che paralizza i movimenti; a Hyoga non serve nemmeno bruciare il proprio Cosmo per immobilizzarlo, basta uno sguardo di quegli occhi pieni di vento e tempesta.
Invece non è abbastanza per Ichi, che salta, altissimo, un arco di parabola addosso a Hyoga, lo colpisce alla faccia con il ginocchio, dalle placca metallica che gli protegge la rotula nuovi artigli emergono per conficcarsi nell’elmo del Cigno.
La folla rumoreggia, Shun trattiene il fiato. In testa è troppo anche per Hyoga. O no?
Seiya dà di gomito a Jabu :”Ma che razza di mostro è mai quello?
”Sembra che per Hyoga sia finita.” Jabu fa spallucce, sogghignando.
Ichi atterra, punta l’indice addosso a Hyoga con un sorriso soddisfatto. “Anche uno come te ha pochi secondi da vivere se viene colpito alla testa dalle mie zanne.”
“Non ci arrivi?” Un sorriso incurva le labbra di Hyoga; chiude gli occhi e il suo Cosmo esplode.
“Cosa?” Ichi trasale, fa un passo indietro
Gli spuntoni conficcati nell’elmo di Hyoga si infrangono a terra, congelati, luce candida come neve gli avvampa attorno “Non importa quante volte ci provi. e tue zanne non funzioneranno contro di me.”
“Perchè?” Ichi sembra rimpicciolire al cospetto della potenza del Cosmo di Hyoga. “Anche i Santi Guerrieri che vengono colpiti dalle mie zanne dovrebbero morire. Significa che–”
Hyoga stringe i pugni, l’estensione del suo Cosmo aumenta a vista d’occhio; ora nell’Arena fa freddo, Shun si stringe le braccia attorno al torace, lottando per smettere di tremare.
“Appunto. Le tue zanne avvelenate non hanno mai avuto la possibilità di toccare il mio corpo. Sono state respinte dal Cloth di ghiaccio del Cigno, creato da un ghiacciaio della quarta glaciazione. Solide mura di neve che mai si sono sciolte nell’ultimo milione di anni.” Una miriade di cristalli meravigliosi inizia a roteare intorno alla figura di Hyoga. “Nessuna zanna può trapassare la sua forza. Nemmeno la potenza di un santo guerriero la può rompere”
Ichi li fissa, sembra che non sappia bene cosa fare. Infine si arrende. “Questa è un’illusione o?”
“Pensaci mentre sei all’inferno, Idra;” Il Santo del Cigno avvicina le mani una all’altra e quella danza si concentra in un vortice,
“Diamond dust.” Urla Hyoga Una tempesta splendente e letale. Una scarica di colpi come un turbine di fiocchi di neve.
Ichi vola all’indietro; il Cloth di Hydra, congelato all’istante, si frantuma attorno al suo corpo. Cade di pancia e resta immobile.
Non serve nemmeno il countdown.
Una potenza abbacinante.
“Idra è stato sconfitto.” La voce rimbombante dello speaker fa sobbalzare Shun. “Cigno è ammesso al secondo round della competizione.” Allenta la stretta convulsa delle mani sul metallo della balaustra, le dita gli fanno male.
Hyoga resta fermo al centro del ring, immerso nella luce potente dei riflettori. Bello e fiero. Lui guarda con desiderio gli incroci dei matches sulla lavagna luminosa, cerca di indovinare se il suo cammino incrocerà quello di Hyoga. Prima o poi dovrà accadere, quantomeno alla finale se ci arriveranno vivi entrambi. Ma vorrebbe ingaggiare combattimenti del tutto diversi, con il Santo del Cigno. Battaglie di.
Baci?
Baci e carezze. Non ha mai desiderato così tanto qualcuno. Gli si spezza il respiro pensando alle mani grandi di Hyoga sulle sue spalle. Calde sulla pelle nuda.
Non ha mai avuto un fidanzato, durante l’addestramento all’Isola di Andromeda era troppo occupato a mantenersi vivo per poterci pensare. Però sa cosa vuole, sa quel che gli piace. Corrisponde esattamente al ragazzo biondo fermo in mezzo al ring a prendersi gli applausi e le urla del pubblico in delirio.
Infine Hyoga scende le scalette del ring, Seiya e Jabu gli si avvicinano; lui si ferma e il suo sorriso è quello indisponente del vincitore
“Qual è il prossimo Santo che sconfiggerò? Sarai tu Seiya? O sarai tu, Shiryu del Dragone?”
Guardami, pensa Shun. Guardami ora.
Quegli occhi di ghiaccio si alzano nella sua direzione. Si sente avvampare dentro, spera che il buio sia sufficiente a nascondere il rossore che di sicuro gli ha invaso la faccia.
“Shun?”
Shun annuisce, non osa muovere un passo verso la luce che lo tradirebbe. E non è nemmeno sicuro che le gambe lo reggano.
Hyoga sorride. “Sei cresciuto.” Poi si volta e se ne va veloce, i capelli biondi gli sventolano sulla schiena, brillanti contro il metallo lucido del Cloth del Cigno.
Shun sente le orecchie avvampare. Gli altri Santi lo guardano con aria interrogativa, Jabu ridacchia.
“Nessuno vuole affrontare il piccolo Shun?”
Lui sorride. “È il piccolo Shun che non vorrebbe affrontare nessuno.”
“Perché sei codardo?” Jabu si avvicina, gli punta l’indice addosso. “Allora che ci fai qui fra i Santi?”
“Non capiresti le mie ragioni, Jabu.” Finalmente le gambe hanno ripreso a funzionargli, si stacca dalla balaustra, si allontana verso le scalinate da solo.
“Capisco la paura quando la vedo.”
Shun si volta, gli sorride di nuovo. “Allora non hai capito davvero niente. Mi dispiace per te.”
Sale le scale, diretto alla terrazza, per mettere della distanza da quel ring sul quale si troverà troppo presto.
Non vuole.
Colpire, ferire, uccidere. Non è il suo. A lui piace parlare, abbracciare.
Baciare.
Arrossisce violentemente da solo.
Qualcosa gli graffia la pelle, incastrato sotto il copri avambraccio di metallo. Infila un dito, incontra i granì sfaccettati del braccialetto.
Mi piace tanto, sembra ghiaccio ma non si scioglie mai.
Il padrone dei ghiacci. Bello e gelido come una mattina tersa d’inverno.
Piega il polso, i cristalli luccicano quieti contro la sua pelle.
Battaglie di baci, braccia forti a stringerlo tutto. Non è una vera guerra quella che in mente. Anche se è intenzionato alla conquista. Ancora si sente la faccia rovente, si appoggia le mani fredde sulle guance cercando di far scendere il rossore. Sorride sotto i palmi.
È pronto alla battaglia.
Per tutto quel che gli è caro.
Per tutto quel che vuole conquistare.
Ti scioglierai. Per me.