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elfcore

Tutti pronti con lo spazzolino da denti in pugno perché, questa double fic è toothache istantaneo se non ci si spazzola a dovere subito dopo l’uso.

Per il COWT 13, week5, M1: skinship una Ceski/Yano elfcore più dolce di un torrone in pietra.

Warnings: uhm nessuno? Eccesso di fluffiness e va beh elfi gay ma quello lo sapevate no?

Sulla pelle

Parte 1: Dopo la tempesta

Gli si chiudono gli occhi per un istante lungo, allenta la presa sulla scala di corda e il vento gliela strappa via di mano. La botta di adrenalina lo sveglia di colpo, annaspa cercando un appiglio, arranca su per gli ultimi gradini rimasti. 

 Si insinua nella casa sull’albero aprendo la porta giusto di una fessura. Deve fare forza per richiudersela alle spalle: spifferi freddi penetrano nelle fessure fra le assi, urlando come spiriti in pena, gli ghiacciano le mani e la faccia nuda. 

Si lascia cadere silenzioso su una panca, sospira, appoggia la testa contro il muro alle sue spalle. 

La guardia di stanotte è stata brutale: lunga, gelida. Solitaria. Sempre temendo di cedere al freddo e al sonno, e di risvegliarsi nella foschia accecante delle fate. 

Si scioglie il mantello, lo lascia cadere dietro di sé sulla panca. Si infilerà ancora vestito nel sacco a pelo e cederà di schianto alla stanchezza. Non può più resistere dell’altro. 

Attraversa l’ambiente comune e in punta di piedi. si fa largo fra i suoi compagni addormentati. Il suo corpo getta un’ombra lunga sulle loro forme immobi, nella penombra bluastra della singola lampada notturna che pende dal soffitto basso. Si china sul proprio giaciglio. 

“Yano!”

Il groviglio di coperte ai suoi piedi si agita, ne sbuca la testa arruffata di Ceski, come un germoglio dal terreno. 

“Come mai sveglio?” sussurra accovacciandosi a fianco a lui. “E che ci fai al mio posto?” 

Ceski fa un sorriso tenero. “Ti aspettavo. Dev’essere gelido là fuori.”

“Infatti.” Si frega le mani insensibili una contro l’altra, cercando di far tornare a scorrere il sangue. “Per fortuna è finita.”

Rimane fermo senza sapere bene cosa fare. 

“Spogliati e vieni qui sotto.” Ceski ridacchia sottovoce. “Ho costruito un nido niente male.”

Spogliati? Gli va la faccia a fuoco. Ma Ceski non è quello. Ceski è il suo amore da difendere. Da sfiorare con le dita. 

Ceski ride ancora. “Così ti scaldi prima. Dai, ci siamo visti nudi migliaia di volte. Che problema c’è?”

Già. Che problema c’è. Sono amici compagni. Quasi fratelli. Sgancia le braghe e le lascia cadere alle caviglie, si siede a terra per togliersele insieme agli stivali morbidi. Il freddo gli morde la pelle nuda, inizia a tremare forte. Impreca cercando di slacciare il secondo bottone della tunica. 

“Vieni sotto.” La voce di Ceski suona preoccupata, la sua mano rovente gli atterra al centro della schiena. 

Annuisce battendo i denti e si infila sotto le coperte, la schiena contro il petto di Ceski, le sue braccia forti gli si stringono addosso. Sa di Ceski, lì sotto, legno e vento e anice stellato. Cede addosso al suo amore con un sospiro, milioni di piccoli aghi gli si conficcano nei piedi gelidi quando tocca le sue gambe calde. 

Ceski si ritrae con un sussulto ed una risatina. “Uuh dev’essere freddo sul serio stanotte.”

Si dposta più lontano da lui borbottando uno “scusa” poco convinto. 

Ceski ridacchia ancora. “È che mi hai preso alla sprovvista. Avvicina i piedi, qui sotto si scalderanno subito.”

“Sicuro?” Senza avere veramente il coraggio di riaccostarsi, sa di avere le gambe gelide in modo fastidioso. Ma è difficile resistere al calore di Ceski. 

Ceski lo stringe più forte contro di sè. “Ma scherzi.” Gli sfiora il collo con le labbra. “Hai preso freddo là fuori per tenerci tutti al sicuro. È il minimo.” Gli appoggia un bacio lieve dietro l’orecchio. “E lo farei comunque.”

“Perché?” La voce già bassa gli si riduce a un soffio. 

“Perché ti voglio bene, stupidino.” Ceski ridacchia ancora, gli tira su la tunica e gli mette la mano sulla pancia. È grande e calda e lo fa smettere di tremare. 

“Ceski.” Sospira il suo nome come una preghiera. “Senza te sarei già morto.”

Ceski gli sorride contro il collo. “Allora devo stare ben attento.”

“A cosa?”

“A te.” La mano che Ceski gli teneva sulla pancia sale a sbottonargli uno ad uno i bottoni della tunica. “Togliti questa roba che ti scaldi prima.” 

Si tira su seduto per spogliarsi, lame d’aria fredda penetrano fra le pieghe delle coperte, lo fanno rabbrividire. Si rituffa nel tepore, contro la pelle morbida di Ceski; lui se lo riprende fra le braccia, gli bacia una spalla nuda. 

“Non so perché mi faccia tanto freddo stanotte,” borbotta. 

Ceski intreccia le gambe alle sue, gli fa correre un dito lungo il torace seguendo una ad una le linee delle sue costole sporgenti. “Perché dovresti rimpolpare un po’ questi ossicini se vuoi avere più resistenza.” Ceski fa una pausa lunga, continua ad accarezzarlo lentamente. “Ma forse non è quello che vuoi essere.” 

Si rilassa contro Ceski, sotto il tocco gentile delle sue mani. “Che significa?”

“Tu sei quello veloce no?” 

“Mmh” mugola. 

Una serie di bacini lungo l’orecchio lo fa accoccolare più stretto addosso a Ceski. Come se fosse possibile. Come se non fosse già schiacciato contro il suo torace comodo, rintanato nel calore delle sue braccia. 

“Sii. Tu sei così.” La voce di Ceski è morbida, come la sua pelle contro la pelle nuda. “Non cambiare mai.” Ceski gli rimette la mano sulla pancia. 

Gli si chiudono gli occhi, il calore di Ceski gli penetra dentro. Cullato dalle sue parole tenere. 

Non cambiare mai. 

Sorride, al sicuro. Allunga la mano su quella di Ceski, accarezza le sue nocche forti. “Mmh. Mi sto sentendo molto lento, ora.” Riaccomoda la testa sul suo braccio. 

“Ne hai diritto. “

Chiude gli occhi con un sospiro, comodo addosso a Ceski. Non esiste un posto migliore. 

“Dormi, Yano,” gli sussurra Ceski contro il collo. I suoi capelli scompigliati gli solleticano la faccia, le sue braccia lo stringono più forte. Affonda nel calore del suo corpo, nel mormorio della sua voce dolce.

“Ceski?” 

“Sí?”

“Per fortuna che ti ho trovato.”

Sente Ceski sorridere lentamente contro la sua spalla. “Sono stato molto fortunato.”

Parte 2: Tregua

Sotto la sferza del vento, le spighe viola dell’erica danzano a schiere. Yano ride arrampicandosi per il sentiero; il mantello gli si gonfia sulle spalle, i capelli scompigliati gli ricadono davanti agli occhi. 

Lo segue un passo indietro, riempiendosi gli occhi della grazia con cui si inerpica per i gradoni di pietra ineguali dell’ultimo tratto di cammino

Yano si volta, rallenta per affiancarglisi, cerca la sua mano fra le pieghe del mantello. 

Stringe fra le sue quelle dita gelide, sottili; Yano lo tira avanti. 

“Dai, ci siamo quasi.” Yano ha le guance rosse e gli occhi brillanti. Non lo vede così felice da troppo tempo.

Gli ritorna in testa il sangue che gli macchiava la faccia e la tunica, che inzuppava il terreno attorno, la notte che Yano l’ha salvato dalle fate. Un brivido lo scuote, stringe più forte la mano su quella di Yano, se lo tira contro.

Yano gli cade addosso ridendo, si lascia andare fra le sue braccia. Tiepido, vibrante. Vivo. 

Chiude gli occhi, affonda il naso nel profumo di fumo e muschio dei suoi capelli. Lo stringe forte nel cerchio delle braccia, alle volte gli sembra di doversi assicurare che Yano sia davvero ancora lì, con lui. 

E Yano c’è. Sempre. 

“Ceski? Tutto a posto?”

Sorride contro il suo collo. “Molto a posto.” Lo avvolge nelle pieghe del suo mantello. “Hai freddo?”

Yano struscia la guancia sulla sua. “Appena appena. Non vedo l’ora di buttarmi nell’acqua calda.” 

“Allora non voglio farti aspettare.” Prende Yano sottobraccio, gli rimbocca il suo mantello addosso e riparte verso l’altopiano. Ci sono quasi. 

“Ma così prendi freddo te—“ protesta Yano. Fa per scostarsi ma lui se lo tira ancora contro. 

“In realtà ho caldo.” Il vento fresco che si insinua sotto i suoi vestiti è una benedizione dopo lo sforzo della salita. “Andiamo.”

In cima alla salita l’altopiano si apre davanti ai loro occhi. Nessuno attorno, il grigio azzurro dell’alba si riflette nelle decine di polle fumanti. 

Yano si ferma di colpo, fa un suono pieno di meraviglia. Lui gli appoggia la testa su una spalla, gli cinge la vita con le braccia. Restano immobili per un sacco di tempo; combaciano alla perfezione, stare stretti così è la cosa più perfetta al mondo, la migliore che lui possa mai immaginare. 

Chiude gli occhi, gli bacia la mandibola affilata; Yano intreccia le dita fra i suoi capelli, gli si fa più contro. Ha cominciato a tremare un po’; lui tira in avanti i lembi del mantello e lo imbozzola nel tessuto caldo. 

Yano non deve mai avere freddo. Mai più. 

Si guardano, Yano fa un sorriso minuscolo. “Grazie.” 

“Andiamo,” risponde sottovoce. “Ti congelerai a stare fermo qui.”

Yano sospira. “Questo clima non mi si addice. Non so come fate voi.”

“Male. Quando non ce la facciamo più ci buttiamo per un po’ nell’acqua bollente. E ora siamo qui proprio per questo. Sei pronto?”

Yano ride, fa sì con la testa. 

Prende Yano per mano, costeggiano la distesa di erba verdissima, punteggiata da alberi bassi. 

“Quale ti piace?”

Yano alza le spalle. “Sei tu quello esperto.”

Effettivamente viene qui da quando era bambino. “Allora ti porto alla mia preferita.”

“Quale?” 

“Quella laggiù.” Alza la mano, indicando una pozza più piccola delle altre, ai margini dell’altopiano. I rami nudi della magnolia che cresce vicino alla riva sono già coperti di fiori violacei e carnosi. 

“È bellissima, Ceski.” Yano ha la voce piena di meraviglia. Gli dà un tuffo al cuore. Qualsiasi cosa per lui. 

“Speravo che ti sarebbe piaciuta. Vieni.” 

“Prendimi!” Yano ride e scappa via, rapido come la folgore che spacca in due il cielo, illuminando a giorno la notte. Lo rincorre anche se sa che non riuscirà mai ad eguagliare la sua velocità irreale. Il figlio della luna del vento. 

Pieno di grazia. Il mantello gli ondeggia dietro come una bandiera di vittoria, i capelli neri scompigliati dal vento gli rimbalzano sul collo esile. 

Trova Yano accovacciato al bordo della polla, sotto il baldacchino fiorito della magnolia, una mano immersa nell’acqua. “È rovente,” gli dice con desiderio. 

Sente le labbra incurvarsi in un sorriso. “Che aspetti? Spogliati e buttati dentro.”

Yano si sbottona le braghe e se le lascia scivolare attorno alle caviglie. Le scalcia via nell’erba assieme agli stivali. Ha le gambe esili, disegnate da muscoli allungati. Il fisico di un corridore da gara. O di un danzatore. Le mani gli iniziano a tremare mentre slaccia la fibbia del mantello. 

“Tienilo addosso fino all’ultimo,” gli sussurra aprendogli veloce la tunica. Bottone dopo bottone, si svela il suo torace abbronzato, stretto. Da ragazzino, con le costole che sporgono. Le  due cicatrici vicino allo sterno sono ancora rosee e infossate. 

Ora è a lui che tremano le mani. Appoggia con delicatezza le labbra su una, poi sull’altra. Le cicatrici che segnano il petto di Yano, dalla notte in cui il suo amore lo ha difeso da un’orda di fate, dopo Buttercup Deep. Stava per perdere Yano quella notte. Per sempre. 

Yano arrossisce. “Sono ancora brutte. Ma Gya mi ha promesso che alla fine non si vedrà più niente.”

Lui le bacia ancora, con intenzione, sentendo sotto le labbra i loro bordi frastagliati. “Sono bellissime. Parlano del tuo coraggio. E del tuo amore.”

Yano abbassa gli occhi. 

Prende fra le mani il viso di Yano per costringerlo a guardarlo. 

“Ho fatto quel che dovevo fare.” Borbotta Yano alla fine. 

Sorride, gli sfiora le labbra con le sue. “Sono tutti bravi a parlare, finché non scorre il sangue.” Fa scivolare la bocca lungo la curva aggraziata della sua mandibola sottile. “Hai rischiato di morire per salvarmi. Non me lo dimenticherò mai.” 

Yano piega un pochino il collo e lo guarda strano. Lo bacia ancora, Yano chiude gli occhi, si schiaccia contro di lui. 

“Una vita senza di te è peggio che morire,” sussurra Yano alla fine. “E lo sai.” Lo guarda con gli occhi scuri, fondi. 

Lui annuisce. Gli fa scivolare giù dalle spalle tunica e mantello. Yano si stringe nelle braccia e inizia a battere i denti. 

“Ora hai freddo davvero,” Se lo stringe contro, facendo correre le mani sulla sua schiena increspata di muscoli tremanti. “Immergiti, arrivo subito.” 

Yano scuote la testa e gli seppellisce la faccia nell’incavo del collo. “Non è quello.” 

Si tiene Yano stretto contro, gli chiude addosso i lembi del mantello. Nel suo abbraccio smette piano piano di tremare. 

Lo sa. Non sarebbe mai stato in grado di esaudire la richiesta che fece a Yano quella notte. 

Vattene, lasciami qui. Salvati almeno tu. 

Per lui non ci sarebbe salvezza senza Yano. Sospetta che per Yano sia lo stesso. 

Yano lo guarda senza dire niente, chiude gli occhi quando lui lo bacia sulla fronte.  “Ti aspetto,” sussurra. 

Yano è così. 

Si slaccia il mantello e lo avvolge attorno al corpo esile di Yano; l’indumento gli sfiora le caviglie, così Yano sembra un ragazzino, con indosso un vestito del fratello maggiore. Invece è un adulto. Dotato di un coraggio che pochi sanno eguagliare.

Yano fa un sorriso piccolo e si stringe la lana grezza attorno alle spalle. “È caldo,” sussurra affondando il viso fra le pieghe della stoffa. “Sa di te.”

Ridacchia. “Spero sia un bene.”

“Certo.” Gli occhi scuri di Yano diventano molto teneri. “Non vorrei annusare altro per tutta la vita.”

Le sue mani si bloccano sui bottoni della tunica. 

“Yano—“

“È vero,” risponde lui abbassando lo sguardo. “E lo sai.”

Prende il mento di Yano fra pollice ed indice, gli fa alzare con delicatezza la testa. “Anche tu lo sai vero?”

Yano annuisce; il suo braccio sottile sbuca dalle pieghe della lana marrone, le sue dita ossute gli si stringono sul polso. Si porta la sua mano  alla bocca, gli bacia i polpastrelli uno ad uno. 

Un brivido lungo gli aggriccia la schiena e non è il freddo. 

È il pensiero di aver trovato quest’uomo nel peggiore posto possibile, nel peggior momento possibile.

E quel che avrebbe potuto essere la sua debolezza in battaglia, diventa la sua forza. 

Malgrado il terrore che gli stringe la pancia ogni volta che considera quanto sarebbe facile perdere Yano nel turbine della mischia. Ma ora non deve pensarci. Sono fra i pochi sopravvissuti a Buttercup Deep, anche le fate sono state decimate. La tregua sembra destinata a durare, è il momento di recuperare lo spirito e le forze senza crucciarsi del domani.

Appoggia un bacio sulle proprie dita, premute sulle labbra di Yano. Si guardano. Gli occhi di Yano sono fondi e nudi e vorrebbe solo. Perdersi. 

“Spogliati,” mormora Yano. “Ho bisogno di abbracciarti.”

Si toglie di dosso la tunica e la lancia nell’erba. Il vento gli strappa un brivido lungo la schiena sudata. Ridacchia. “Ora ho freddo anch’io.” Calcia via gli stivali, sguscia fuori dalle braghe. “Pronto?”

Yano si slaccia il mantello e glielo porge. Lui lo butta accanto alla tunica. Prende Yano per la vita e lo conduce al bordo della polla. 

Immerge i piedi, si scaldano all’istante; vapore tiepido circonda le loro gambe.  La bocca di Yano si schiude in un sospiro di soddisfazione. “È meraviglioso.”

“Aspetta di essere tutto dentro.” Ravvia  i capelli neri scompigliati di Yano, lo bacia sulla fronte. 

“Ceski—“ 

“Vieni.” Avanzano di qualche passo, la fanghiglia morbida del fondo gli avvolge i piedi, l’acqua gli lambisce gli stinchi. 

“Ora ci sediamo.” 

Porta giù Yano con sé; lui fa un verso deliziato. “Questa è magia.”

È vero. I muscoli gli si rilassano all’istante, immerso in quel tepore. Il contrasto fra il vento fresco che gli accarezza le spalle e l’acqua calda in cui è immerso fino ai fianchi lo fa rabbrividire di piacere. 

Yano gli si fa contro, gli appoggia la testa sulla spalla. “Come facevi a sapere che avevo così bisogno di un bagno caldo?” Traccia col dito geroglifici bagnati sul suo petto nudo, linee di freddo che si asciugano piano al vento.

“Ne avevo bisogno anch’io, non credere. È stato un inverno gelido e lunghissimo.”

“Davvero. Senza di te sarei morto.” Yano gli appoggia la mano calda in mezzo al petto. 

Un nodo ti terrore gli stringe la gola. “Anch’io,” mormora. Sarebbe morto per davvero, se non fosse per quest’elfo che lo ha difeso quasi a costo della sua stessa vita. “Sono qui solo grazie a te.”

“E io a te. Sei stato tu a riportarmi indietro.” Yano gli ferma i capelli dietro un orecchio, gli sfiora la guancia con le labbra per un bacio che non ha mai fine. “Ci siamo coperti le spalle a vicenda.”

Scuote la testa. “Non lo so. Mi ricordo poco di quella notte.” Solo di riprendere conoscenza accanto al corpo spezzato di Yano. Aveva sentito chiaramente che il suo amore se ne stava andando via per sempre. Non sa quale magia abbia riportato indietro Yano, e lui non è esperto di quelle arti. Sa solo che lo ha pregato di tornare, e Yano ha esaudito il suo desiderio.

Yano fa un sorriso molto dolce; gli accarezza la faccia con il dorso della mano abbronzata. “Lo so io.”

Resta zitto per un sacco di tempo, tenendosi Yano stretto addosso. Conta con le dita le vertebre delicate della sua spina dorsale. “Non potevo pensare di rimanere senza di te.” Invece della voce gli esce un gemito. 

Yano sorride ancora. “Nemmeno io. Per questo sono tornato.” Chiude gli occhi, gli abbandona addosso il suo poco peso spigoloso, i suoi capelli freschi gli solleticano il collo. 

Avvolge un braccio attorno alla vita stretta di Yano per tirarselo ancora più vicino. Yano intreccia le gambe con le sue e gli si accoccola addosso, la guancia morbida sulla sua spalla. 

Il contatto con la pelle dorata di Yano è una vertigine dolce; traccia con l’indice la linea netta della sua clavicola, Yano sospira, si allunga per baciarlo sul collo.

Tutto è pace, anche se il fantasma della guerra è ancora in agguato là fuori, pronto ad inghiottirli e risputarli a brandelli. Per quanto lunga, la tregua non potrà durare per sempre. Non può permettere che altro male accada a Yano. 

Il primo spicchio di sole compare oltre il margine dell’altopiano, accende riflessi d’oro negli occhi di Yano. 

Poggia la fronte contro quella di Yano. Vuole quell’oro tutto per sé. “Sarò la tua ombra e il tuo scudo.”

A Yano si blocca il respiro. “E io sarò la tua spada,” sussurra. 

“Per sempre.”

Yano annuisce. “Per sempre. Perché noi siamo uno.”

Per sapere come Yano abbia salvato Ceski dopo Buttercup Deep, “Lacrime tue” è un resoconto dal suo punto di vista