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Il Lunatico

Per il COWT12, prompt “Bad ending” my boys Vinyl e il Lunatico si affrontano su una sonda neurale.

Ispirato anche dal prompt del Didomenica “Cane e gatto”. Sfortunatamente ho sforato di 15 k caratteri e tre giorni lmao.

Warning per cattivo linguaggio e bestemmie (mi sono dei ragazzacci) nonchè MCD my beloved

Overbuffering

“Ce la farai anche stavolta, Lunatico?” Vinyl ghigna,fermandosi i capelli troppo lunghi dietro alle orecchie. Gli ricadono molli sulla maglietta nera. “O non hai abbastanza margine?”

“Guardami mentre ci riesco.” Il Lunatico si china sulla glove box, inserisce la prima stringa di comandi sul display. La luce bianca dei faretti incastonati nella cupola di plexiglass strappa bagliori ai  manipolatori cromati. Le pinze all’estremità dei bracci snodati si aprono con un ronzio metallico e restano in attesa dei suoi ordini.

Come una maledetta divinità. Ma al momento riesce a comandare solo popolazioni metalliche. 

“Ora aprilo.” Si china sul carapace di fibra di carbonio sospeso in mezzo al piano di lavoro, sembra galleggi, sorretto dalle staffe trasparenti.

Seduto davanti alla scrivania col ripiano di melamina sfregiata dai suoi abusi, Vinyl annuisce. La luce blu dei tre schermi disposti a semicerchio illumina la sua  faccia ossuta, dita lunghe danzano sulla tastiera retroilluminata in arancione. Vinyl è l’ultimo a usare ancora quegli aggeggi. Certe abitudini non muoiono mai. 

Una crepa appare nella metà inferiore della custodia, i lati si aprono come ali, sembra davvero una cetonia pronta a prendere il volo, elegante nella sua livrea opaca. 

Il Lunatico si lecca le labbra secche, fa scendere dal soffitto le chele meccaniche della gru di precisione, le aggancia al  carapace.

“Sgancia.”

Vinyl risponde con una mitragliata di tasti, il guscio di carbonio si stacca dalla struttura interna; lui fa risalire la gru lasciandola sospesa a mezz’aria. Incastrata nei gancetti neri della struttura di supporto, la superficie lucidata a specchio della sonda neurale riflette minuscole distorsioni della stanza ingigantite dalle lenti magnificanti che gli pesano sul naso. L’armadio bianco, la piastra elettrica con la base arrugginita, una delle scaffalature alte piene di relitti di veterotecnologia, si allineano sullo spinotto affusolato, 8,73 millimetri di acciaio e titanio, sormontati da un cappuccio di lattice trasparente. 

“E ora?” Le labbra sottili di Vinyl si curvano in un sorrisetto sdegnoso. “Cosa credi di aver fatto?”

“Chiudi quella boccaccia. Mi distrai.” Muove il dito sul cursore che lampeggia al centro del display, tarando lo zero degli assi. Inserisce i blueprints della sonda, allineandoli alle coordinate reali. Perchè ho accettato di fare questa cosa con te?” 

“Money, money, money,” canticchia Vinyl. Se il Lunatico non fosse impegnato a centrare il rilevatore di connessione gli tirerebbe un cartone sul muso. “Ce l’hai?”

“Certo che ce l’ho. Ben salda.” Incastrata nello spazio cartesiano del suo regno. “Metti dentro i banchi.”

Vinyl schiaccia la schiena contro la sedia girevole, estrae dalla tasca dei jeans neri una Standard Plex 2, e bravo Vinyl. Almeno non deve tirare fuori le sue. Si allunga per prendere la spruzzetta dell’alcol al 75, imbeve un panno a rilascio zero di fibra e pulisce la scatolina rotonda di plastica arancione. Ci mette una vita, strusciando a  fondo ogni irregolarità della plastica. La inserisce nella precamera, richiude lo sportellino. 

Il Lunatico avvia il vuoto; tre risciacqui con aria ultrapura dovrebbero bastare, preme il rombo giallo sul display,  la porta di comunicazione con l’interno della glove box scivola di lato con un sibilo, uno dei movimentatori la acchiappa, attirato dal codice 3D impresso ai due lati opposti del contenitore. 

“Ci siamo.” Si gira verso Vinyl, incontra il suo sguardo freddo, il luccichio dei denti fra le labbra arricciate in un qualcosa a metà tra sorriso e ringhio. Accidenti a lui. Accidenti. Non avesse così bisogno di soldi col cazzo che accettava di lavorare ancora con Vinyl. Ma la cifra è invitante e lui il candidato perfetto. Operatore e antenna allo stesso momento. 

“Dobbiamo fare una cosetta pulita e veloce. Non ci voglio tanta gente nel mezzo.” Così gli aveva scritto Vinyl in un messaggio criptato, allegato a un video di pinguini su TikTok. In onore di Reeko, probabilmente. Non riesce a dimenticarsi la follia del suo stream ininterrotto @mandarinaexogina. Fritto. 

Bisogna stare attenti con certe cose.

Appunto.

Incolla lo sguardo sulla scatolina, prigioniera delle mandibole del manipolatore, questa se la spupazza in manuale, non vale la pena mapparla. Un lavoro fatto mille volte. Come scartare i regali di Natale. 

Appoggia la standard plex al centro della glove box, a fianco della sonda, apre il coperchio, estrae il primo banco. 1,7 millimetri quadrati di memoria di massa a bassa risoluzione avvolti nella pellicola protettiva verde. Già sterilizzato per fortuna, sembra minuscolo anche fra le ganasce del manipolatore più sottile. 

Fa un respiro profondo, richiama sul display lo schema della sonda, seleziona la posizione verticale sullo slot 1. Avvicina il braccio con l’ago alla bolla di sicurezza del banco. Una volta bucato è una corsa senza ritorno. “Pronto.’”

“Chi parla?” Le dita di Vinyl sfiorano la tastiera, una risatina acida. “Ce la farai Lunatico?” 

“Aprimi 1.”

“At your command. 3,2,1, via.” Vinyl si accanisce sui tasti.

Alla prima pausa il Lunatico abbassa i manipolatori, svita la Torx micrometrica dell’alloggiamento. Alla seconda aggancia il coperchio del comparto e lo solleva. Di nuovo sul banco, lo infilza per la bolla, l’involucro si svolge, il quadratino di superconduttori fluttua nell’aria ultrapura della glove box. Lo acchiappa al volo con la pinza, lo fa schizzare sopra il suo alloggiamento nella sonda. ”Ci siamo, avvia l’installazione.”

“Sei bravino, ma anch’io so fare il mio lavoro.”La voce bassissima di Vinyl fa fatica a filtrare attraverso il martellìo dei tasti martoriati. “Vieni da zi–ma che cazzo.”

“Che c’è ora?” 

Una gragnola di colpi sulla tastiera. “L’hai inserito?”

“Sto aspettando te?” Vinyl si è rincoglionito con l’età.

“Ho inizializzato la procedura, perchè non riesce a prenderlo?” Vinyl smadonna, le righe di comando scritte in viola si rincorrono sullo schermo di fronte lui, un grab dopo l’altro, il Lunatico allunga il collo per vederci meglio, ricontrolla  le coordinate contro i blueprints, cosa c’è che non va?

“Aspe’.” Fa il giro della glove box, strizza gli occhi cercando di leggere la sigla sullo spessore della memoria di massa. Minuscola anche con i magnificatori addosso. “PRWW II 3.”

“La puttana della–” Vinyl martella ancora sui tasti. “Cazzo, me lo ricordavo bene. Compatbile con PRWW III 5+. Fammi controllare l’ordine.” Vinyl abbandona la tastiera per il miniscreen.

Lui riappoggia il coperchio in posizione, mette i manipolatori in standby. “Hai sbagliato l’ordine? Chiudi il comparto.”

Con la destra Vinyl imputa comandi, con la sinistra disegna traiettorie apparentemente random sul miniscreen. “Ha! Cinesi di merda. Avevo ordinato delle PRWW III 7. Adesso li svernicio.” Le sue dita non sono meno veloci sulla superficie ridotta del device, altre madonne volano mentre scrive. “Avvita pure, per ora non possiamo fare niente. Sentiamo che ci dicono.” 

Esegue e torna alla carica. “Gli hai scritto?”

Vinyl annuisce e lancia il miniscreen sul tavolo. Scivola sulla superficie lucida, passa sotto lo schermo di sinistra e si ferma contro il muro con uno stock secco. 

Il rumore gli fa accapponare la pelle. “Trattalo meglio quell’affare. Ci ho messo impegno.”

“Oh poverino.” Vinyl si allunga sul tavolo per riprendere il device. “Non sopporti che si faccia male alle tue creature eh.” Una pausa, dita che accarezzano lo schermo. “Ora basta avere pazienza.”

Esattamente quel che gli manca. Si guardano negli occhi; da solo con Vinyl, ad aspettare. La notizia della loro disfatta, probabilmente. Non vorrebbe altro dalla vita. Si tormenta il lato del pollice con un’unghia, la pelle cede, morde via un angolino assaporando la puntura di dolore e si infila le mani in tasca. Ha bisogno delle dita integre ancora per quarantott’ore, poi può scatenarsi. Ma con gli angoli delle unghie aperti si lavora male.

“Di solito qualcuno risponde subito.” Vinyl occhieggia il miniscreen, lo schermo buio non gli dà soddisfazione.

“E se non ci mandano la sostituzione? Serve entro domani.” La prima ondata di ansietta gli stringe lo stomaco. La diretta non aspetta. 

Vinyl si passa una mano fra i capelli. Biondi, fini, radi. Ricadono sulla maglietta nera in ciocche drittissime. Sembra un cazzo di vichingo sfiancato dalla carestia. Uguale a sé stesso da sempre. I polsini sformati fanno sembrare i suoi polsi ossuti ancora più sottili. Una macchina da guerra in riserva da dieci anni, che continua in avanti imperterrita. E lui alle calcagna, accidenti.

Senza un briciolo di dignità.

“Tutto a monte pivello.” Vinyl ridacchia. “So life goes.”

“Ma sei rincretinito? Manco morto.” Il Lunatico riempie il bricco di metallo con l’ultima acqua della cisterna. La peggiore, puzzolente di cloro e plastica invecchiata dal sole. Serve un the bello forte stavolta. La mette a scaldare sulla piastra a induzione appoggiata sul piano accanto al lavabo. Inutile, dopo che l’ora d’acqua è stata diminuita dell’altro. “Faccio un the e si riguardano tutti i punti critici. Posso ottimizzare delle connessioni, ma se c’erano le memorie preferivo non metterci le mani. Se lo faccio tiriamo fuori i 100 Tera che ci servono e la portiamo a casa lo stesso.”

Vinyl si allunga sulla poltrona, incrocia le mani dietro la testa. “Moriamo provandoci? Potrebbe essere una strategia.” Ride. “Mi sei sempre piaciuto perchè sei stoico.”

“Mi sono già rotto il cazzo di lavorare con te.”

Vinyl ride ancora, senza divertimento. “Uguale, ma cerco di prenderla con filosofia. Impara pivello.” Chiude gli occhi, rovescia la testa contro lo schienale e non dice più niente.

“Che fai, dormi?” Il Lunatico pesca due bustine di the nero dal barattolo di latta dorata. Lo richiude, segue con i polpastrelli le tracce di tutte le volte che l’ha maneggiata, dove la vernice sbiadisce e scompare. 

“Penso.” Borbotta Vinyl senza nemmeno aprire gli occhi.

Gli volta le spalle, controlla le prime bollicine che affiorano dal fondo del bricco. Andando a bollore l’acqua esala tutto il suo potenziale venefico. Forse di bustine ne serviranno anche tre.

Dietro le sue spalle esplode nuovamente il ticchettio della tastiera di Vinyl.

“Che fai?” Da lontano vede solo la luce bianca della shell aperta su una matrice di ricerca.

“Cose che forse ci salvano il culo. Pensa al the.” 

Gli scivola alle spalle, legge le keywords. “Compatibility upgrade? Non ho gli strumenti per lavorare su quelle cose, e lo sai. Per quello era cruciale ordinare i banchi giusti.”

Vinyl si volta di scatto come se lui l’avesse morso. “ Ed è quello che ho fatto diocristo. Comunque non si può, troppo obsoleti.” Apre la bocca per aggiungere qualcosa di tagliente, probabilmente. In quel momento il miniscreen pigola e si illumina. 

Le dita di Vinyl volano sullo schermo. 

“Eccoli. Si scusano molto. Mi ci pulisco il culo. Dicono che la sostituzione può essere qui dopodomani. Aspetta.” Scrive dell’altro, la risposta arriva quasi subito. “Confermano che non c’è una procedura di upgrade fino a 5.”

“Dopodomani?” Guarda con desiderio la sonda sospesa al centro della glove box. “Me la sentivo già dentro. Comunque è troppo tardi.”

“Nemmeno fosse un uccello. Va bene comunque–” Si ferma, trasale, come se avesse fatto il collegamento solo in quel momento. “Cazzo non ce la facciamo?”

Più una domanda che un’affermazione.

“Ridimmi un po’. Quando arrivano i componenti da Singapore?” 

Vinyl sospira. “Dopodomani.”

“E a noi quando serve questo aggeggio in tiro?” 

“Dopodomani.”

Si fissano, nessuno dei due è disposto ad abbassare lo sguardo. 

“Conta almeno due ore per l’installazione dei banchi di memoria e poi Ramachadran deve inserirmelo nell’alloggiamento. Vorrei almeno svegliarmi del tutto dall’anestesia prima di connettermi.”

“Per una volta hai un punto. Non ti ci abituare però.” Vinyl si preme gli occhi con le punte delle dita. “Quindi si ricablano le connessioni? Hai abbastanza polimero?” Si alza dalla sedia, per venire al suo fianco, studia la sonda neurale con la testa piegata di lato. “Questo lavoro di merda non ci stava proprio.”

“Che ti freqa? Quello è roba mia.” Il Lunatico inserisce un’altra volta le coordinate sul display; i manipolatori estendono i bracci, circondando la sonda, le mandibole aperte come serpenti affamati. 

“Ti serve una mano di sicuro. Come va quel the?”

°°°°°

Ci vogliono cinque ore, un’altro bricco di the–e deve andare a chiedere acqua in prestito alla lavandaia di fronte–e tre Brownies a testa sulla Basilica per portare a casa il lavoro. Le bestemmie non si contano, ma Vinyl ne ha dette certamente di più. Alla fine il costrutto è pronto, splendido splendente nella luce cruda della glove box. 

“Sul serio, Lunatico. Non credevo ce l’avresti fatta.” Vinyl si alza dalla sedia, cammina su e giù per la stanza sciogliendo le gambe. 

Il Lunatico crolla seduto nell’abbraccio ergonomico della sedia, ancora caldo del corpo di Vinyl. Ha la schiena rigida e i piedi gonfi, peggio di quando faceva la stagione a Follonica. “Grazie per la fiducia. Dieci minuti e si attacca con il test run simulato.”

“Schiavista di merda. Domani??” Vinyl ci prova, mani infilate in tasca, appoggiato all’armadio bianco. 

“Domani voglio andare da Ramachadran prima possibile. La devo provare un po’ prima dell’ora x.” Quella sonda è roba tosta, mesi avanti rispetto a quella che si porta a giro acquattata sotto l’orecchio. DI sicuro deve farci l’abitudine, a una presenza così intrusiva nella coscienza. 

“E allora subito o perdo lo slancio..” Vinyl sbircia nel bricco ma il the è finito.

“Non te ne faccio un altro. Non ho più acqua ed ero già in debito con la tipa da ieri. Vuoi un altro Brownie?” Il Lunatico si allunga per prendere la striscia di acetato con gli ultimi quattro dermi dalla tazza rossa sbeccata di fianco allo schermo centrale. Forse lui ne potrebbe aggiungere uno alla fila che si allunga sul suo avambraccio, ma quelli sono bastardi. Già le tre di mattina in fin dei conti e vorrebbe svenire un paio d’ore prima di affrontare Ramachadran.

Anche se poi dovrà dormire qualche ora sul suo lettino.

I passi leggeri di Vinyl si avvicinano da dietro, una mano dura gli stritola la spalla. Di che cazzo è fatto quell’uomo? E sembra sempre che una folata di vento possa portarselo via.

Invece non ci sono riuscite nemmeno le fiamme che hanno consumato Arkadia alle fondamenta. Anni di dati, di protocolli, cancellati in un minuto. Resettati dal calore che scioglieva le memorie del data center centrale, randomizzando i domini magnetici in una zuppa primordiale. Si passa una mano sugli occhi, sente ancora quelle vampe sciogliergli la pelle.

Vinyl è risorto da quel fuoco come una cazzo di araba fenice. Indurito. Ancora più potente. 

“Alza il culo, quello è il mio posto.” Vinyl fa piroettare la sedia finchè non sono di fronte, spinge il bacino verso la sua faccia. “Guadagnati il pane.”

“Fanculo a te e alla tua mamma.” Lo spinge via con una mano sulla pancia scavata, riesce ad alzarsi senza dover appoggiare la bocca sul cavallo di quei jeans sudici. 

“Perchè mi ami così tanto, Lunatico?”

Lui si piazza di fronte alla glove box, girato di fianco così può dargli le spalle. Vuole solo fare presto, e che sia finita. Crollare un pochino nell’abbraccio consolante del sacco a pelo, un po’ di buio, di silenzio. Ha gli occhi pieni di sabbia e il cotone nel cervello.

Ora non è il momento di fermarsi.

“Dai facciamo in fretta, così poi fino a dopodomani non devo vederti più.” Soffoca uno sbadiglio nell’incavo del gomito. 

“Non mi vuoi al capezzale quando ti svegliano? Con un caffè e un mazzo di rose rosse.” Il clickety-clackety della tastiera di Vinyl riparte, aumenta di velocità come un motore che prende giri, la connessione assonica emerge dalla punta della sonda, una manciata di atomi di diametro, aprire il simulatore di interfaccia è un atto di fede. Lo guida fino a 5,37 mm dalla punta della sonda; la membrana grigiastra trema, tesa sul supporto d’oro. 

“Così. Ora collegati con la tua, così la simulazione è più reale.

“Ti ho. ” Il Lunatico è troppo curioso per continuare con la farsa, si apposta alle spalle di Vinyl. L’interfaccia di comando della sonda ha quindici tabelle zeppe di parametri. La prima ottimizzazione automatica ci mette più di un minuto, dovranno avere un certo margine per la diretta, vuole fare almeno due cicli da sedici. 

“Quante ne accodo?” Le dita di Vinyl si fermano, sospese sui tasti.

Sedici per due, sta per rispondere, ma poi pensa che ci vorrà una vita.Questa è una stima, e con il costrutto ottimizzato le cose possono solo migliorare. “Altri tre.”

Vinyl ridacchia. “Old school, eh? Coi gradienti non ti serve più il ciclo di fase.”

“Lasciami fare.” Vuole evitare anche la minima sfasatura residua, sono quelle che mangiano buffering più di tutto il resto. Così si è fritto Reeko. Il log della sua sonda gli è passato per le mani. Non è la fine che vuole fare.

Pinguini in orbita sul Pacifico.

Fanculo. 

“Lo faccio partire e intanto inizializzo la tua connessione.” Vinyl batte ancora sui tasti, i caratteri viola appaiono a gruppi compatti sullo sfondo nero del prompt dei comandi. Va veloce. Non conosce nessuno veloce come Vinyl, anche se orde di giovincelli della seconda ora si combattono il titolo di Beekeeper @GoldenWarrior, contro un bot che lo simula. Vinyl se li mangia tutti in war. Ha il suo modo obliquo di impostare l’autocomp, sembra faccia materializzare stringhe di comandi invece di digitarli. 

Chissà quanto durerà ancora. Per il Lunatico è sufficiente dopodomani. Poi si vedrà. 

La sonda che trova la connessione è uno scarico che gli si apre in testa  e lascia fluire via pensieri invece di acqua. 

Ma l’acqua è più preziosa. 

Pensa quel pensiero ed è dentro. O fuori. Dipende dal punto di vista. Deve fare uno sforzo per non perdersi tutto in quello scorrere. Non resterebbe molto di lui. 

“Ci sono.” Studia il grafico di ottimizzazione sullo schermo di sinistra, la linea che si alza e si alza aprendo la via per accoppiare i suoi pensieri con la sonda. Job ending in 30 seconds,, 29, 28. “Cosa ti mando?”

“Tutto. Devi metterla sotto stress come sarai dopodomani quando dovrai portare a casa il lavoro.”

Si collega ed è dentro, tutto dentro, un treno di pensieri ingarbugliati che avanza come uno tsunami. La punta della sonda sembra tremare nella luce vivida della glove box; col fiato sospeso il Lunatico controlla l’output risultato. Il livello di buffering oscilla, pericolosamente vicino alla linea di overflowing ma c’è sempre un cazzo di margine, esiguo ma. Lì. 100 Tera. Tutti per lui, se li è guadagnati. Prova ad aumentare il flusso ma sembra già al massimo. 

La spia dell’overbuffering vira al giallo per la durata di un battito accelerato del suo cuore “Ma vaff–” inizia Vinyl, non ha il tempo di finire che torna subito.

Verde, verde, verde. Con un’ottimizzazione fatta a dovere, cercando di mantenere il flusso coerente, non ci saranno problemi. 

“Ci siamo. Arma la connessione e andiamo a dormire che è quasi mattina.”

“E’ la volta che ci lasci la buccia.” 

Si volta di scatto. “Non dire stronzate. E’ sempre stata sul verde. Se tiriamo meglio la fasatura  e–” 

Vinyl fa piroettare la sedia sulle rotelline e gli punta addosso gli occhi duri. Azzurro chiaro, quasi trasparenti, lo conosce da sempre e da sempre gli fanno correre un brivido lungo la schiena. “Hai il prefiltro della tua. Secondo te?” Scuote la testa.

“Secondo me ci si fa. Ci si deve fare.”

“No, Alex.” Vinyl scuote la testa, dita appoggiate sulla tastiera. “Questo no.”

Colpo basso. Alex è andato via da un sacco di tempo, è rimasto solo il Lunatico con le sue cazzate. Al Lunatico piacciono le sfide, gli piace giocare duro. Tanto niente lo può toccare.

“Sì che lo fai, Lore. Se no che mi hai chiamato a fare?” Tiè. Il Lunatico non le manda a dire.

“Fanculo.” Vinyl si sfrega la fronte con il dorso della mano. “Prima dobbiamo mettere l’espansione del buffer. Era quello il piano.”

“E ce l’abbiamo?”

Vinyl fa un verso sfastidiato. La sedia sbatte con un  rumore sordo contro il bordo della scrivania. Vinyl si infila le mani nelle tasche dei jeans stretti e si dirige verso la porta. Il Lunatico gli si para davanti.

“Dove vai?”

“A farmi una sigaretta, gran testa di cazzo.” Vinyl fruga nelle tasche del suo giacchetto nero di pelle fintissima, appeso al pomello della porta d’ingresso. “Fanculo, dovevo saperlo.” Torna indietro strascicando i piedi,, lancia il pacchetto verde di tabacco sulla scrivania. 

Il Lunatico si incanta a guardare le sue dita che tirano su una sigaretta snella, senza filtro. Strappa il culo della cartina, se lo infila in bocca, accende.

“Chi ti ha detto che puoi fumare qui?”

Vinyl fa un sorriso mangiamerda, si stravacca sulla sedia girevole con una gamba sul bracciolo. “Io. My job, my rules.”

“Ti caccerei fuori a calci.”

“Ma hai bisogno di me.” Il ghigno si allarga. Vinyl tira una boccata lunga, esala una nuvola di fumo denso dal naso.”Comunque puoi spegnere la glove box, il lavoro non si fa.”

“Diocane Vinyl–” Si siede sul bordo della scrivania, raccatta il tabacco.

“Chi ti ha detto che puoi farti una cicca?” Vinyl gli blocca la mano sul piano del tavolo.

“My place, my rules.” Solo perchè ha finito il suo. Solo perchè non potendo tirargli sul naso almeno vuole far girare le palle a Vinyl tanto quanto stanno girando a lui. “Facciamo un altro test run, almeno. Così siamo davvero sicuri.” La sigaretta gli viene molto peggio di quella di Vinyl. Maledetto bastardo. Sa tutto lui. L’accende, tossisce al sapore aspro del Tibùron in gola. “Perchè ti ostini a comprare questa merda?” 

“Non serve che la fumi.” Un sorriso angelico. “E a me piace moltissimo.” Vinyl si sporge, gli sbuffa il fumo in faccia. “Comunque a monte tutto. E’ la mia ultima parola.”

Non è possibile. Afferra Vinyl per il colletto liso della maglietta, avvicina la faccia alla sua. Molto vicina. Troppo. Vicina. “Diocane, Vinyl. Se non la armi tu ci penso io. E domani vado da Ramachadran.”

“Non lo sai fare gran testa di cazzo. Perchè vuoi rimanere stupido a vita? Non lo sei già abbastanza?” Vinyl tira indietro la testa e lo colpisce duro in fronte. Il dolore è un lampo bianco davanti agli occhi, si preme una mano sulla botta, mollando la presa sulla sua maglietta.

“Ma me la spieghi la differenza? Dopodomani è l’unica finestra di tempo possibile. Se non la portiamo a casa sarà il Neri a farci fuori.”

Vinyl tira una boccata lunga dalla sigaretta. “Fanculo, sapevo che non dovevo accettare questo lavoro. Tempi troppo stretti.”

“Ma anche un sacco di soldi di mezzo. E mi sa che non ti fanno schifo.”

“Si ma mi fa schifo se ti si brucia il cervello.”

“Davvero?”

“Non mi stai così sul culo, coglione.”

La sigaretta gli si è spenta in mano. La lascia sul bordo della scrivania, torna davanti alla glove box. Sente lo sguardo di Vinyl addosso ma non si volta. Guarda lei. Così bella. La vuole e basta. 

“Non succederà niente, te lo prometto Ho giusto quel filo di esperienza.” Ne ha settate una serie nell’ultimo anno. Stanno diventando mainstream. Finora non ha mai bruciato nessuno, anche con margini più stretti.

Vinyl gli viene vicino, così vicino che sente il suo odore di sporco trascurato. “Io no, vero? E se invece succede qualcosa?’”

“Aprirò uno streaming di pinguini.”

“Non fa ridere.” Vinyl fa un ultimo tiro, butta  il mozzicone che brucia ancora nel lavabo inutile, con gli altri. 

Ma il tono della voce è già diverso. 

“Preparamela.” Insiste e Vinyl lo guarda come un cane bastonato. 

Un”espressione che non ha visto spesso su quella faccia ossuta e pallida. Zigomi che ci potresti tagliare il vetro. 

“Troppa responsabilità. Ho visto quelle curve.”

Gli va vicino, gli mette le mani sulle spalle. “Sono io che te lo sto chiedendo.”

“Ti ci ho infilato io in questa cosa.” Occhi trasparenti, occhiaie gonfie e scure. Labbra così pallide che scompaiono quasi. Ha l’alito che sa di fumo e stanchezza. 

“Fallo e basta. Poi ci penso io.”

Vinyl sospira, si frega gli occhi. Si sottrae al contatto e torna verso la sua postazione. “Spero di non pentirmene.” Cade seduto sulla sedia, dita sospese sulla tastiera. Un guerriero in posizione di attacco. “Sei pronto?”

•••

Mirrorviews larghi coprono gli occhi di Vinyl, due pozze gemelle d’argento a sigillargli le orbite fonde.  Si è messo gli innesti sulle dita. Cerca la velocità della luce. 

Seduto accanto a lui, il Lunatico tasta con dita leggere il cappuccio di silicone che gli sigilla la sonda nell’ alloggiamento sotto l’orecchio destro.   Davanti, sul tavolo, una striscia di Brownies, il bricco del the pieno fino all’orlo, quattro sigarette già rollate. Ci potrebbe volere un po’ di tempo. 

Pronti a partire. 

Sullo schermo centrale ha la stessa schermata che Vinyl vede riflessa sulla superficie interna dei mirrorviews. Lui flette le dita nel vuoto, incappucciate in silicio nero e le stringhe appaiono, Courier corpo 8 in viola e verde. 

“Ci sei?” 

Il Lunatico annuisce tanto x dargli noia visto che non può vederlo. 

“Ho la trasparenza coglione. Cerca di non farti male.”

“Sì capo.” Chiude gli occhi, pensa quel pensiero ed è dentro. Lancia inputs alla velocità del pensiero, quelli che ha imparato da Vinyl, mentre lui attacca il muro di password da sotto. La sfida è battere il generatore automatico di OTP per entrare.  

Schiudere le porte dell’Eden ai vandali. 

È strano non avere il ticchettio pazzo della tastiera di Vinyl come sottofondo. 

“Non distrarti cazzo!” 

Si immagina di essere un aereo, un razzo, trascinandosi dietro paginate di testo, le pensa ed appaiono, più veloce, più veloce.  

Piúー

Il dolore è immenso, gli toglie il respiro, gli accende lampi bianchi davanti agli occhi, deve stringersi la testa fra le mani per evitare che esploda in mille pezzi. 

“Lunatico! Alex!” Vinyl urla, lui si piega su se stesso, non può resistere, mani addosso, cade in avanti e un corpo tiepido lo sostiene, lo guida disteso sul pavimento freddo. 

”Cazzo Alex, sanguini. Alex!!”

Non dovevi venire qui. 

Dopo il buio, la luce è accecante.