Come gli Aztechi

Oggettivamente, Thalia e Carol ne sanno meno del giusto di civiltà precolombiane, ma questo non le ferma di certo.

Per il COWT 13 W6 M1 prompt sacrificio, my best girl Thalia sacrifica Carol a Huitzilopochtli. Or something.

Warnings: amore saffico, ultrap0rn (I’m doomed)

Come gli Aztechi

“No va beh dai-“ Seduta sul letto con la schiena appoggiata alla testiera, Thalia ridacchia china sul miniscreen. “Ma come gli vengono in mente certe cose?”

“Cosa?” Spenge il fuoco sotto la moka e si volta verso di lei. “Vuoi caffè?”

“Hm-mh. Grazie.” Thalia scrolla lentamente su e giù.  “Senti qua: una delle teorie sull’altissimo numero di sacrifici umani praticati dagli Aztechi è che lo facessero per sopperire alle endemica mancanza di proteine nobili quando erano all’apice della loro espansione.”

“Eh?” Versa il caffè, porta entrambe le tazzine verso il letto. Thalia sposta le gambe nude per lasciarle spazio. 

Segue con lo sguardo le curve aggraziate delle sue cosce fino al triangolino rosa shocking del tanga di cotone. La pancia nuda, pallida, la magliettine così corta che le lascia scoperto il sotto delle tette. Si lecca le labbra secche. 

“Ti piace quel che vedi?” Thalia fa un sorrisetto presuntuoso. È un pezzo di fica stellare e lo sa benissimo, accidenti a lei.

Annuisce, le porge la tazzina; si blocca, ipnotizzata dalle labbra rosee, lucide di Thalia che si chiudono sul bordo.

Thalia fa un sorsino, ci ripensa. Soffia sulla superficie del caffè, il vapore si sfilaccia. “Cosa ti pare?” Muove il dito su e giù per lo schermo.

“Di che?”

“Di questi che sacrificavano gente per poi mangiarsela.” Thalia la guarda, ridacchia. “Chissà come li cucinavano.”

“A spezzatino. Li sacrificavano in cima alla ziggurath e poi lanciavano giù i corpi così si facevano a straccetto sui gradini.”

“E poi via nel pentolone.” Thalia ride rovesciando indietro la testa. I suoi boccoli lilla svolazzano leggeri, profumano di lampone e idrocarburi nobili. Ingolla il suo caffè in due sorsi e appoggia la tazzina sulla sedia che fa da comodino. 

Bella. Dio, se la mangerebbe tutta. 

“Sai come facevano ad ammazzare tutta quella gente in così poco tempo?” Thalia continua a guardare il miniscreen. 

Cerca di occhieggiare oltre la spalla spigolosa di Thalia, ma si perde con lo sguardo lungo il suo collo bianco e morbido. “No?”

“Era un processo estremamente efficiente. Appoggia quel caffè e dammi una mano.” Thalia si alza e va verso il fondo del letto. “Aiutami a spostarlo?”

“Eh? Ma dai sono stanca.” 

“Non sei curiosa?” Thalia ha quel sorrisetto lì. 

“Vengo.” Butta giù il caffè  e scosta il letto dal muro assieme a Thalia. Cioè praticamente da sola. 

“Mettiti dov’ero io.” Thalia va a frugare in una delle sue scatole. 

Si siede in mezzo al letto, affonda la schiena nei cuscini impilati contro la testiera. Thalia torna con in mano una corda da arrampicata. 

“E quella?” 

Thalia ride alla sua confusione. “Che credi, che quello ci stavano fermi a farsi sacrificare? Infila le braccia fra la testiera e il muro.”

“Ma Thalia—“

Thalia rotea la fune rossa e nera come un lazo. “O insomma non sei curiosa? Mica ti sacrifico sul serio.”

Sì. Da morire. 

Non lo ammetterà mai. Fa un sospiro di sufficienza e obbedisce. Si ritrova tutta inarcata contro i cuscini, esposta. Vulnerabile. Thalia ridacchia e si siede sulle sue cosce. Le lega i polsi alla testiera del letto, le apre tutti gli automatici della camicia jeans con uno strappo secco, fa scivolare verso l’alto il Bra di spandex liberandole le tette. L’aria sulla pelle nuda la fa rabbrividire.

“Legavano il prigioniero ad una pietra triangolare, in modo che porgesse il petto al sacerdote.” Thalia fa correre la lingua sul suo sterno, lasciando una scia fredda e bagnata.

Ansima, indecisa tra la paura, e la pozza di fuoco liquido che le si sta formando e la pancia. Costretta dalle corde, inarcata contro i cuscini. Bloccata. Pronta.

Le si rizzano i peli sul collo. Thalia segue col polpastrello la traccia di saliva, guardandola negli occhi. “E poi. Tagliavano— aspetta. Mi serve un’arma per sacrificarti a dovere.” Le da un bacino sulla bocca e scompare in bagno.

Ma che vuole fare?

Quando Thalia torna ha in mano il Big Black. Venti centimetri di silicone vellutato nero come il male, a nove velocità. Thalia le piazza le ginocchia ai lati delle cosce, temendo quell’aggeggio ritto in mano. “Muori in nome di Huitzilopochtli!” Esclama premendo il pulsante di accensione. 

“Thalia!?” geme. Una paura strana le sale nello stomaco, come se Thalia volesse davvero prenderle la vita in onore di un dio sanguinario. 

Vrrrrrrr

Un ronzio potente riempie il silenzio; l’attrezzo descrive un arco ampio e le atterra sul torace. La fa sussultare. Thalia glielo fa correre in orizzontale fra le costole. “Tagliavano qui, mi amor,” mormora chinandosi su di lei, catturandole le labbra fra le sue, profumate di ciliegia. “E poi estraevano il cuore ancora pulsante con le mani.”

“Nnnhhhh.” La punta del Big Black le si ferma su un capezzolo. Serra gli occhi protendendosi di più verso Thalia, una scarica di piacere le fa cantare i nervi. 

Ma Thalia le sfugge; cerca di inseguila con la bocca e si trova subito bloccata dalle corde che la costringono al letto. 

“Thalia—“ geme. Atterrita, all’improvviso, senza sapere perché. Come se la sua vita stesse per finire davvero. 

Thalia fa un sorrisetto accondiscendente. “Ma come sei ancora vestita? Al sacrificio si arriva nudi. E purificati.” Le labbra che sfiorano le sue senza toccarle e poi la sua lingua, lungo il collo, lungo lo sterno, sull’altro capezzolo, le scappa un verso da animale intrappolato. 

Thalia mugola lavorandosela con la lingua. Una pozza le cola negli slip, butta la testa indietro cercando di respirare, sbatte contro il muro. 

Sbam. 

Dolore. Freddo sulla testa rasata. 

Caccia fuori la lingua; ansima, a corto di fiato. 

Thalia le fa correre un dito lungo la fessura della fica, attraverso il tessuto fradicio degli slip. Le morde il capezzolo, tira.

“Ta-ah.” Le si spezza la voce sul suo nome. 

Intrappolata. 

Liquida, bagnata. Pronta. 

“È arrivato il tuo momento,” le sussurra Thalia in un orecchio; le sue labbra le corrono lungo il lobo. 

Trema sentendosi il fiato di Thalia addosso. 

Il suo pollice le tortura il clitoride attraverso il cotone zuppo. Ogni vibrazione che si scarica sul suo capezzolo le risuona in tutto il corpo. Geme, mordendosi il labbro, si tende verso Thalia strofinandosi sulle sue dita. 

“Sei una vittima riottosa.” Thalia struscia la fica contro la sua, anche il suo micro tanga è fradicio. Si aggrappa alla testiera del letto, si infila in bocca la punta del vibratore. Ansima attorno al silicone nero. 

Vorrebbe solo sbattere Thalia di schiena sul materasso e leccarla fino a farle perdere il senno, ma non può. 

È lei a perdere il senno mentre Thalia si prende il suo tempo. Appoggia il vibratore lucido di saliva dove le loro fiche si strusciano una contro l’altra. 

Un gemito lungo le esce dalle labbra, un’ondata di piacere le riempie la pancia, non può resistere. Thalia le aggancia un braccio attorno al collo, le infila tutta la lingua in bocca come se cercasse di scoparsela anche con quella. Aumenta la vibrazione, le fa contrarre la fica e aggricciare le dita dei piedi, si struscia su di lei. 

E poi si tira indietro. 

“Thaliah—“

Più indietro, le fa scivolare gli slip lungo le cosce, i polpacci, via dai piedi. Le fa aprire le cosce e ci si acquatta nel mezzo. 

Trattiene il respiro, la guarda in quegli occhi grigio azzurri, misteriosi come le profondità della nebbia. 

Thalia sorride. E le appoggia la lingua sul clitoride. 

Sussulta sul letto, alla mercé di quella pazza meravigliosa. 

Leccate lunghe. 

Cede alla punta del vibratore, Thalia glielo infila tutto dentro, una scivolata infinita che la fa singhiozzare. 

Fuori. 

Dentro, ancora fino alla radice, a toccare, più in fondo, quel punto che la manda tutta a fuoco. 

Fuori. 

Dentro. Thalia La scopa senza pietà, la riduce a un ammasso liquido informe che può solo cedere, a lei, alla sua lingua, al cazzo finto con cui la sta sbranando. 

Non resiste. 

Apre di più le gambe, inarca la schiena contro i cuscini, occhi chiusi, versi insensati che non riesce a trattenere mentre viene a cascata, ancora ancora. 

Ancora. 

Thalia insiste. La guida su, su, su. Dura per sempre. 

E ancora un po’. 

E poi Thalia si inginocchia su di lei, struscia la faccia bagnata sulla sua, la bacia e sa di lei. 

“Sei morta,” le sussurra sulla bocca. 

“Uccidimi sempre così.”  Il vibratore ancora dentro la fa parlare male. 

Thalia fa una risatina roca. “Ogni volta che vuoi, babe.” Le prende le labbra fra le sue, le accarezza la faccia. 

“Ora slegami che ti sacrifico io. Ho un paio di dei da placare.” Ride tremulo. 

Thalia ride ancora, le spinge il vibratore più in fondo nella fica. “Pensavo di lasciarti così un altro po’. Non sei morta per bene.”

Thalia la divora con gli occhi, le fa perdere il senno. Ancora. 

Sempre. 

Prigioniera. 

Anche se è la prima volta che Thalia usa le corde. 

Sussulta, si contrae debolmente attorno  al silicone duro. Rovescia la testa all’indietro come una vittima vera, esposta al suo carnefice. 

Thalia la bacia sul collo. “Mi piaci da morire.”

Chiude gli occhi, sentendosi addosso lo sguardo di Thalia. È la prima che le dice una cosa del genere. 

E glielo dice sempre accidenti a lei. 

E mentre il respiro le si spezza in gola, di nuovo, mente Thalia le tira un capezzolo facendola gemere. 

Ancora. 

Un pensiero le esplode nel cervello. Questa è una morte dolce. Così è facile sacrificarsi. 

Ma per Thalia sacrificherebbe tutto sul serio. 

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